[A] Sull’(in)idoneità del riconoscimento del debito ad integrare una fonte autonoma di obbligazione tale da sostenere la pretesa creditoria in sede di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, anche con riguardo al caso in cui l’atto ricognitivo del debito provenga dalla p.a. appaltante per i debiti sorti per l’esecuzione di un contratto d’appalto pubblico. [B] Sulle conseguenze risarcitorie della violazione dell’obbligo di buona fede da parte della p.a. nei confronti del privato contraente, anche con specifico riguardo all’annullamento dell’aggiudicazione di una gara d’appalto. [C] Sulla (im)possibilità di configurare una violazione degli obblighi di buona fede, e la relativa responsabilità, da parte della p.a. nel caso in cui essa abbia omesso di far rilevare al privato l’invalidità del negozio stipulato tra le parti che derivi dalla violazione di una norma imperativa o proibitiva di legge, o di altre norme aventi efficacia di diritto obiettivo, con particolare riguardo ai casi in cui la forma scritta sia prescritta ad substantiam. [D] Sull’ammissibilità della domanda ex art. 2041 c.c. proposta dall’appaltatore in relazione ai lavori svolti in esecuzione di un appalto pubblico il cui titolo risulti nullo. [E] Sul valore probatorio delle prove acquisite in altri giudizi. [F] Sul dies a quo della rivalutazione monetaria e degli interessi dovuti per l’indennizzo ex art. 2041 c.c..
SENTENZA N. ****
[A] E’ stato già evidenziato, nella parte in diritto, che il riconoscimento di debito non integra una fonte autonoma di obbligazione ma ha mero effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale e dunque è destinata a perdere efficacia qualora il rapporto medesimo non sia stato instaurato, o sia sorto invalidamen...